La seguente pubblicazione di SOS MEDITERRANEE vuole far luce sugli eventi che si sono verificati nel Mediterraneo centrale nelle ultime due settimane. «Sguardo sul Mediterraneo» non è inteso come un aggiornamento esaustivo, ma si propone di trattare le questioni relative alla ricerca e soccorso che si verificano nell’area in cui operiamo dal 2016, sulla base di rapporti di diverse ONG, organizzazioni internazionali e articoli dalla stampa internazionale.
[18.05 – 08.06.23]
Il Mediterraneo centrale è sempre più carente di risorse di soccorso a causa del fermo delle navi ONG e dell’assegnazione di porti lontani. Ma nel frattempo le partenze continuano e la situazione in Libia si fa sempre più caotica.
Soccorsi in mare quasi quotidiani da parte delle navi ONG. Le autorità marittime non coordinano e assegnano porti lontani, privando il mare di mezzi di soccorso.
Il 17 maggio la nave di soccorso Louise Michel ha salvato 71 persone da un gommone sovraccarico in difficoltà, meno di un giorno dopo essere tornata in mare. L’equipaggio è stato informato di un potenziale caso di pericolo dall’aereo Colibri 2 di Pilotes Volontaires. Il giorno successivo, i sopravvissuti sono sbarcati nel porto di Trapani, in Italia.
Tra il 18 e il 19 maggio, secondo il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, circa 700 persone sono state soccorse al largo delle coste calabresi dalla Guardia Costiera italiana, sbarcate poi a Messina e Reggio Calabria dalla nave Diciotti.
Il 19 maggio, secondo la linea diretta civile Alarm Phone, la nave portacontainer CAPE FRANKLIN ha soccorso 48 persone da un’imbarcazione in difficoltà, coordinata dal Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano (MRCC). I sopravvissuti sono sbarcati a Pozzallo, in Italia.
Il 19 maggio, 26 sopravvissuti soccorsi da Geo Barents, la nave gestita da MSF, sono sbarcati a Brindisi.
Il 25 maggio, la Ocean Viking della ONG SOS MEDITERRANEE è stata coinvolta in una lunga operazione congiunta con la ONG Emergency e i velivoli della ONG Sea Watch, per cercare un’imbarcazione in difficoltà segnalata da Alarm Phone, con circa 500 persone a bordo, nella regione SAR maltese, senza alcun risultato. Le ricerche sono durate quasi 48 ore: i naufraghi sarebbero stati intercettati e riportati in Libia con la forza.
Il 26 maggio, Humanity 1 della ONG SOS Humanity ha salvato 88 persone, tra cui 10 minori, da un’imbarcazione di legno stracarica. Successivamente, è stato assegnato loro il lontano porto di Livorno, in Italia, senza però tener conto della presenza di una seconda imbarcazione in difficoltà segnalata dai sopravvissuti. Dopo un viaggio lungo quattro giorni, gli 88 naufraghi sono finalmente sbarcati in Italia.
Il 27 maggio, un altro salvataggio è stato coordinato dall’MRCC italiano, che ha contattato Geo Barents, gestito da MSF, per prestare assistenza a un’imbarcazione stracarica in difficoltà con 606 persone a bordo. Dopo una lunga operazione di salvataggio, i naufraghi, tra cui 11 donne e 151 minori, sono stati trasferiti in sicurezza sulla Geo Barents. Il team di MSF a bordo è stato poi incaricato di portarli a Bari, in Italia. Lo sbarco è avvenuto il 30 maggio.
Il 28 maggio, il veliero Nadir della ONG Resqship ha soccorso un’imbarcazione stracarica con circa 55 persone in difficoltà, fornendo loro giubbotti di salvataggio e acqua e accompagnando poi i sopravvissuti verso Lampedusa. Successivamente, la Guardia di Finanza ha proceduto alla loro evacuazione e allo sbarco a Lampedusa. Lo stesso giorno, l’equipaggio della nave Sea Eye 4, gestita dalla ONG Sea-Eye, ha tratto in salvo 17 persone da un’imbarcazione in legno in difficoltà in mare. Subito dopo, il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo italiano ha assegnato loro il porto di Ortona, a circa 1.300 miglia nautiche di distanza.
Il 30 maggio, il Sea Eye 4 ha condotto una seconda operazione nella zona SAR maltese, mentre cercava un’altra imbarcazione in difficoltà con a bordo circa 400 persone. Sono riusciti a salvare 32 persone da una precaria imbarcazione in legno. I 49 sopravvissuti sono poi sbarcati a Ortona, in Italia, il 2 giugno. Poiché la nave non ha proceduto immediatamente verso il porto di Ortona dopo aver effettuato il primo salvataggio, la Sea Eye 4 è stata temporaneamente trattenuta dalle autorità marittime italiane (vedi capitolo successivo).
Il 31 maggio, una nuova risorsa SAR, Mare*Go, gestita da Zusammenland, è stata coinvolta in un’operazione congiunta con gli aerei Nadir e Seabird 2 di Resqship. Mare*Go è arrivato per primo sul posto e ha prestato assistenza all’imbarcazione in difficoltà con 31 persone a bordo. Successivamente, la Guardia di Finanza le ha fatte trasferire. Poco dopo, lo stesso giorno, l’equipaggio di Mare*Go ha individuato un’altra imbarcazione in difficoltà con 44 persone a bordo. L’equipaggio è rimasto con la barca fino all’evacuazione dei sopravvissuti da parte della Guardia di Finanza.
Il giorno successivo, il 1° giugno, sono state condotte diverse operazioni di salvataggio. Durante la notte, il Nadir di Resqship ha assistito un totale di 160 persone su 4 imbarcazioni in difficoltà nella zona SAR maltese.
L’equipaggio di Mare*Go ha anche individuato un’imbarcazione metallica in difficoltà e ha soccorso 36 persone. Poco dopo, è stato assegnato loro il lontano porto di Trapani, in Italia, ma la nave è approdata a Lampedusa. Questo ha portato alla sua detenzione temporanea da parte delle autorità italiane (vedi capitolo successivo).
Il 2 giugno, la Life Support di Emergency ha soccorso 29 persone nella zona SAR libica. Le autorità marittime hanno assegnato loro il lontanissimo porto di Marina di Carrara, in Italia. I sopravvissuti sono sbarcati 3 giorni dopo, il 5 giugno, dopo una navigazione di 70 ore dalla zona del soccorso al porto assegnato.
Lo stesso giorno, Nadir ha soccorso un’imbarcazione in difficoltà con 73 persone a bordo, fornendo loro giubbotti di salvataggio e accompagnandola verso Lampedusa, in Italia. Successivamente, la Guardia Costiera italiana ha evacuato i sopravvissuti e li ha sbarcati a Lampedusa. Il giorno successivo, lo stesso equipaggio ha trovato diverse imbarcazioni in difficoltà: una prima operazione ha coinvolto due imbarcazioni alla deriva con 65 persone a bordo, fornendo loro giubbotti di salvataggio, prima dell’arrivo della Guardie Costiera italiana. In seguito, ha avuto luogo una seconda operazione: una barca d’acciaio con 39 persone a bordo è stata soccorsa nella zona SAR. Anche in questo caso, l’equipaggio ha fornito loro i giubbotti di salvataggio e li ha accompagnati verso Lampedusa, in Italia. In seguito, la Guardia Costiera italiana ha evacuato i sopravvissuti e li ha sbarcati a Lampedusa.
Il 7 giugno, secondo Sergio Scandura, la Guardia Costiera italiana è stata coinvolta in 3 operazioni di salvataggio nel sud della Calabria, una di circa 900 persone e altre due di circa 100 e 150 persone.
Due navi umanitarie sono temporaneamente trattenute dalle autorità italiane dopo aver salvato un totale di 85 persone, ostacolando il proseguimento della loro indispensabile missione in mare.
Due navi tedesche sono state temporaneamente bloccate dalle autorità italiane dopo aver condotto 3 operazioni di salvataggio tra il 28 maggio e il 1° giugno. La Mare*Go e la Sea-Eye 4 avrebbero violato il nuovo decreto legge approvato in Italia il 24 febbraio, che prevede la regolamentazione delle attività delle navi dedicate alla ricerca e al salvataggio nel Mediterraneo. Le navi di soccorso sono tenute a richiedere l’assegnazione di un porto e a raggiungerlo immediatamente dopo ogni salvataggio. In entrambi i casi, le navi sono state sanzionate con 20 giorni di fermo amministrativo ciascuna.
La Sea Eye 4 è stata fermata dopo aver salvato 17 persone in una prima operazione di soccorso il 28 maggio nella zona SAR libica e aver operato un secondo salvataggio di 32 persone nella zona maltese il 30 maggio, senza dirigersi immediatamente al porto assegnato di Ortona.
Nella sua prima missione, Mare*Go il 1° giugno ha salvato 36 naufraghi. La nave ha sbarcato i sopravvissuti a Lampedusa, nonostante le autorità le avessero assegnato il porto siciliano di Trapani. L’equipaggio della nave ha avvertito che non sarebbe stato in grado di coprire la distanza per raggiungere il porto assegnato di Trapani, e che la loro nave “non era attrezzata per garantire la cura delle persone soccorse per tutta la durata del tragitto” (minimo trentadue ore di navigazione). Mare*Go è stata trattenuta all’arrivo a Lampedusa.
L’organizzazione Sea-Eye ha dichiarato che farà ricorso contro la decisione. Il 4 giugno, l’ONG si è rivolta anche al Ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock e al Ministero degli Esteri tedesco con una urgente richiesta di aiuto. “Questa legge potrebbe bloccare completamente il soccorso civile in mare se le autorità italiane continueranno ad applicarla in questo modo. Dopo tutto, non ignoreremo le richieste di soccorso per evitare i fermi. Metterci di fronte a questa scelta è disumano e irresponsabile”, ha dichiarato Gorden Isler, presidente di Sea-Eye.
Tragico traguardo di mille morti registrato nel Mediterraneo centrale mentre continuano le intercettazioni e i respingimenti in una Libia sempre più violenta.
Il progetto Missing Migrants dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha documentato 1.030 morti registrate nel Mediterraneo centrale solo quest’anno. Queste cifre rappresentano una sottovalutazione del numero reale di morti. Segnano inoltre un preoccupante aumento dei decessi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Tra il 14 maggio e il 3 giugno 2023, secondo l’OIM, almeno 900 persone sono state ricondotte forzatamente in Libia, per un totale di 6.684 persone intercettate dalla Guardia Costiera libica nel 2023.
Diverse intercettazioni avvenute nel Mediterraneo centrale sono state testimoniate e segnalate anche dalle ONG SAR.
Il 24 maggio, SOS Humanity ha assistito a un respingimento illegale effettuato da una nave mercantile. Secondo l’ONG, l’MRCC italiano ha avvisato Humanity 1 e le navi vicine di un’imbarcazione alla deriva con 27 persone a bordo. Humanity 1 ha riferito che le persone in difficoltà sono state portate a bordo del mercantile P. Long Beach, registrando una conversazione radio in cui il capitano del mercantile confermava di aver portato i sopravvissuti in Libia.
L’8 giugno, l’aereo Sea Bird e la nave Geo Barents di MSF hanno assistito all’intercettazione da parte della Guardia Costiera libica di un’imbarcazione in difficoltà con circa 50 persone in acque internazionali, alla quale hanno poi dato fuoco.
L’ondata di partenze si spiega in parte con la situazione caotica in Libia. Secondo Agenzia Nova, a fine maggio si sono registrate tensioni nella città costiera di Zawiya, con attacchi aerei condotti dal primo ministro di Tripoli che hanno rappresentato un avvertimento per gli oppositori.
La Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) ha invitato le parti coinvolte a “rispettare il diritto nazionale e internazionale” e a “proteggere la popolazione civile”.
Secondo l’Ansa, anche le ambasciate di Stati Uniti e Gran Bretagna hanno reagito all’intensificarsi delle tensioni, chiedendo una distensione tra le parti coinvolte nelle violenze a Zawiya.
L’inizio di giugno non ha visto una attenuazione delle violenze per le persone che vivono e transitano in Libia, con “migranti arrestati in raid” nella città di confine di Musaid e in altre zone della Libia orientale, secondo AP news.
A tre mesi dal naufragio, l’indagine sul dramma di Cutro.
Il 2 giugno, un’inchiesta pubblicata da Le Monde, El Pais, Sky News, Domani e Süddeutsche Zeitung, in collaborazione con “Lighthouse Reports”, ha rivelato le inadempienze delle autorità italiane e le implicazioni di Frontex durante il naufragio di Cutro. L’indagine sostiene di aver trovato “contraddizioni nel resoconto ufficiale e prove che sia l’Italia che Frontex hanno dichiarato in modo errato ciò che sapevano sulle condizioni meteorologiche della tempesta e sulle condizioni dell’imbarcazione”.
Il 26 febbraio, almeno 94 persone sono morte, tra cui bambini e donne, in un naufragio a Cutro, sulla costa meridionale italiana della Calabria. L’imbarcazione era partita dalla Turchia quattro giorni prima, con oltre 200 persone a bordo, ed è affondata mentre cercava di sbarcare dopo aver urtato contro gli scogli in condizioni meteorologiche impervie. Secondo quanto riportato da diversi media e da Frontex, quest’ultima ha individuato il gommone tramite sorveglianza aerea un giorno prima della tragedia e ha trasmesso l’informazione alle autorità italiane. Le autorità italiane hanno avviato un’operazione di contrasto piuttosto che di ricerca e salvataggio, inviando due motovedette della Guardia di Finanza italiana che alla fine sono dovute rientrare in porto a causa delle condizioni meteorologiche. Più di 40 associazioni della società civile italiana ed europea hanno presentato un esposto collettivo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone chiedendo un’indagine sul naufragio di Cutro per far luce sulle responsabilità di Frontex e delle autorità italiane nella morte di queste persone.
Sei persone sarebbero indagate, tra cui tre ufficiali della Guardia di Finanza, con l’accusa di non aver impedito la tragedia. “Ci sarà un processo per il naufragio di Cutro”, afferma Francesco Verri, uno degli avvocati che rappresentano le famiglie delle vittime. Ha aggiunto: “Lo Stato ha delle responsabilità precise e la Procura di Crotone le accerterà e porterà i colpevoli davanti al giudice”.
Foto: Camille Martin Juan / SOS MEDITERRANEE
Il nostro “Sguardo” resta sul Mediterraneo. Per garantire testimonianza di quel che avviene nel Mediterraneo Centrale e per onorare i morti e i dispersi. Continuiamo a osservare e a raccontare.