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Il progetto, sostenuto da 14 Fondazioni, ha l’ambizione di sperimentare e consolidare alcune buone pratiche realizzate dal Privato sociale, che possano indicare al Pubblico possibili strade da percorrere, replicare ed estendere su scala più ampia.

Roma, 25 giugno 2021 –  Anche SOS MEDITERRANEE Italia sarà partner della terza edizione del Progetto Migranti, un’iniziativa, promossa dalla Commissione per la Cooperazione internazionale di Acri, l’associazione delle casse di risparmio e delle fondazioni italiane, che ha l’obiettivo di contribuire a fornire una risposta concreta alle criticità connesse ai flussi migratori che interessano il territorio italiano. Si realizza grazie a una partnership di 14 Fondazioni di origine bancaria e 9 organizzazioni del Terzo settore e Ong, per portare avanti interventi su tre linee: consolidamento del meccanismo dei corridoi umanitari; sostegno ad attività di assistenza sanitaria e giuridica a migranti giunti da poco o in fase di passaggio; supporto alle attività di soccorso in mare. A loro volta, per realizzare i progetti, le organizzazioni partecipanti attivano una fitta rete di quasi 50 altri, partner pubblici e privati, sui territori di accoglienza. Giunto alla terza edizione, quest’anno il Progetto Migranti è dotato di un budget complessivo di circa 1,2 milioni di euro, messi a disposizione dalle Fondazioni.

In ragione delle risorse disponibili e della quantità di persone che intende raggiungere, il Progetto Migranti non ha la pretesa di risolvere il problema connesso al fenomeno migratorio ma, come sempre accadde nell’attività delle Fondazioni, ha l’ambizione di sperimentare e consolidare alcune buone pratiche realizzate dal Privato sociale, che possano indicare al Pubblico possibili strade da percorrere, replicare ed estendere su scala più ampia.

L’iniziativa è stata presentata oggi nel corso di un evento (che si può rivedere su www.acri.it), condotto da Marianna Aprile, a cui hanno partecipato: Giorgio Righetti, direttore generale Acri; Valeria Taurino, direttrice generale SOS MEDITERRANEE Italia, Cesare Fermi, direttore Regione Europa Intersos; Giulia Spagna, Rappresentante per l’Italia e Capo Programma Regionale DRC Europa; Annalisa Camilli, giornalista a Internazionale: Maurizio Ambrosini, sociologo delle migrazioni; Laila Wadia, scrittrice; Laura Iucci, responsabile partnership con il settore privato Unhcr.

«Le Fondazioni di origine bancaria sono estremamente orgogliose di dare avvio alla terza edizione del Progetto Migranti – ha dichiarato il direttore generale di Acri Giorgio Righetti –, perché non possiamo più accettare la privazione dei diritti ad alcuni esseri umani, che sarebbe intollerabile se toccasse “noi”. Il Progetto Migranti ha l’obiettivo di ripristinare le condizioni minime di dignità, attraverso il sostegno ai corridoi umanitari, all’assistenza sanitaria e giuridica dei migranti e al soccorso in mare. La pandemia non ci ha scoraggiati, al contrario, questa edizione ha visto il più alto numero di adesioni:14 Fondazioni da tutta Italia si sono unite convintamente per contribuire, insieme alle Ong che realizzeranno il progetto, a tutelare i diritti fondamentali delle persone che arrivano in Italia».

«Siamo onorati e felici del supporto di Acri e delle Fondazioni che hanno aderito e che ci consentiranno di svolgere la nostra missione di salvataggio sulla rotta migratoria più letale e pericolosa al mondo: quella del Mediterraneo centrale – ha dichiarato la direttrice generale di SOS MEDITERRANEE Italia Valeria Taurino – Dal 2016 ad oggi, grazie anche al contributo di ACRI e delle fondazioni che hanno aderito al Progetto Migranti, con le nostre navi Aquarius e Ocean Viking, abbiamo soccorso 33.000 persone in pericolo nel Mediterraneo. Di queste più di 7.500 (il 23%) sono bambini e ragazzi, per lo più non accompagnati. La partnership con Acri e le fondazioni contribuirà a supportare la nostra missione: salvare vite in mare».

Il Progetto Migranti è un’iniziativa promossa da Acri e sostenuta da: Fondazione Con il Sud, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione Cariplo, Fondazione Cariparma, Fondazione Carispezia, Fondazione CR Lucca, Fondazione di Sardegna, Fondazione CR Fabriano, Fondazione Varrone, Fondazione CR Bolzano, Fondazione CR Imola, Fondazione Banco Napoli, Fondazione Sicilia, Fondazione CR Padova e Rovigo.

Sono partner operativi della terza edizione del Progetto Migranti: per i corridoi umanitari – Intersos, Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia; per i migranti in fase di passaggio – Rainbow for Africa, Diaconia Valdese, Caritas Intemelia, Danish Refugee Council; per il soccorso in mare – SOS Mediterranée.

Lo scenario

Secondo i dati di Unhcr, nel 2020 in Europa sono arrivati 94.080 migranti; di questi, 34.133 sono arrivati in Italia. La stima dei morti e degli scomparsi in questi viaggi è di 1.066 (altre fonti riportano un dato maggiore). Gli arrivi “via mare” sono stati 86.649; “via terra” 7.431. Tra questi, la cosiddetta “Rotta balcanica”, ovvero la rotta percorsa dai migranti che cercano di entrare in Europa dal confine croato, nel 2020 ha registrato 26.928 “attraversamenti irregolari” (+78% rispetto al 2019). I numeri del primo semestre del 2021 sono in crescita rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente: 31.105 migranti sono arrivati sulle coste meridionali europee; 807 sono i morti o dispersi in mare (Unhcr).

A questi numeri, va aggiunto quello dei migranti attualmente bloccati fuori dalle frontiere europee (Balcani, Mediterraneo, Turchia), che ammonta complessivamente al momento a 125.110 (dati Frontex).

Il totale dei migranti arrivati in Europa nel periodo 2014-2021 è di circa 2,3 milioni; i morti nel tentativo di raggiungere il continente sono oltre 21mila (Unhcr).

Il Progetto Migranti prevede 6 interventi, divisi su tre linee di azione:

Consolidamento del meccanismo dei corridoi umanitari

Corridoi Umanitari, accoglienza e integrazione per i profughi in Grecia – Comunità di Sant’Egidio

Il progetto prevede di realizzare percorsi di accoglienza e integrazione per 50 profughi che giungeranno in Italia attraverso i Corridoi umanitari dalla Grecia, gestiti dalla Comunità di Sant’Egidio. Si inizierà con una missione preparatoria per incontrare e selezionare i beneficiari. Quindi, si passerà alla preparazione e all’organizzazione dei viaggi sicuri in Italia. I profughi giunti nel nostro Paese saranno accolti presso appartamenti diffusi, riceveranno beni e servizi di prima necessità, come vestiario e alimenti, buoni spesa, scheda trasporti pubblici, ricariche telefoniche, buoni vestiario. Saranno, inoltre, accompagnati nel disbrigo di tutte le pratiche amministrative e legali riguardo le procedure di regolarizzazione della presenza in Italia. Beneficeranno costantemente di assistenza medica e legale. In seguito, parteciperanno a percorsi di integrazione e verso l’autonomia: corsi per il miglioramento delle competenze linguistiche e culturali, formazione per l’inserimento lavorativo al fine di garantire il raggiungimento dell’autonomia socio-economica.

 

Corridoi umanitari – La nuova frontiera dell’accoglienza – Federazione delle Chiese  Evangeliche in Italia

Il progetto prevede l’accoglienza per un anno di 40 migranti provenienti dai progetti dei corridoi umanitari dalla Libia implementati dalla Federazione delle Chiese Evangeliche. FCEI individuerà i partecipanti tra i richiedenti asilo già registrati presso l’Unhcr, presenti nei centri di detenzione, che hanno necessità immediata di protezione: persone che hanno particolari necessità sanitarie e psicologiche. Una volta arrivati in Italia, i migranti saranno accolti presso la “Casa delle Culture” di Scicli (Ragusa), una struttura inaugurata nel 2014 con il sostegno della comunità metodista locale, e appositamente dedicata a quei migranti che, in ragione della loro vulnerabilità, hanno necessità di un luogo protetto. Oltre a garantire l’accoglienza, la Casa offre ai propri ospiti orientamento e formazione e promuove sul territorio programmi sociali e interculturali aperti alla popolazione locale, con lo scopo di diffondere una “cultura dell’integrazione” in tutto lo sciclitano. Con gli ospiti vengono avviati percorsi di empowerment e di accompagnamento, verso la loro piena autonomia socioeconomica, sono inoltre supportati nell’iter per il riconoscimento della richiesta di asilo, nell’ottenimento del permesso di soggiorno, e inseriti in percorsi di integrazione attraverso corsi di lingua italiana.

Unicore 3.0 “University Corridors for Refugees” – Caritas Italiana

Il progetto si inserisce nel programma “Corridoi Universitari”, che prevede il rilascio di visti di ingresso per motivi di studio a studenti titolari di protezione internazionale in Etiopia. Il progetto prevede di portare in Italia 43 studenti, che verranno accolti da 24 Università in tutta la Penisola. I beneficiari del programma arriveranno in Italia tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2021, per potersi immatricolare presso le Università. Il viaggio verrà organizzato da Caritas Italiana in stretto rispetto della normativa vigente per la prevenzione del contagio Covid-19. Una volta in Italia, gli studenti verranno iscritti alle Università, presso la facoltà scelta, e ospitati per lo più negli alloggi/studentati universitari o in alloggi messi a disposizione dalle Caritas diocesane. Le Università si occuperanno dell’inserimento dei beneficiari nel contesto universitario e nel percorso di studi sostenendo i costi di vitto, alloggio e borsa di studio per gli studenti. Ciascuno studente riceverà un computer portatile, parteciperà a un corso intensivo di lingua italiana e potrà accedere a un servizio di consulenza etno-psicologica per eventuali vulnerabilità collegate all’esperienza migratoria.

Pagella in tasca – Canali di studio per minori rifugiati non accompagnati – Intersos

Il progetto mira a promuovere l’ingresso in Italia con un visto per studio non universitario di 35 minori non accompagnati rifugiati in Niger, a supportarne l’accoglienza in Italia attraverso l’affidamento familiare e ad accompagnarli nel loro percorso di studio e di inclusione sociale, con il sostegno delle famiglie affidatarie, dei tutori volontari e delle comunità locali. I minori non accompagnati sono attualmente esclusi dalla maggior parte dei programmi di “resettlement”, perché il loro trasferimento e accoglienza sono decisamente più complessi rispetto a quelli degli adulti e dei nuclei familiari. I minori saranno individuati dallo staff Intersos che gestisce le attività di protezione e istruzione nei campi in Niger, in collaborazione con Unhcr. Il principale criterio di selezione sarà la motivazione allo studio, valutata sulla base di diversi colloqui e dei dati sulla frequenza alle attività educative. Per ciascuno sarà presentata all’Ambasciata italiana la richiesta di visto per studio. Una volta giunti in Italia, dopo un breve periodo in una struttura dedicata, i minori verranno affidati alle famiglie, selezionate dai servizi sociali del Comune. Il progetto prevede per ciascun minore una borsa di studio di 550 euro al mese per 12 mesi, che verrà erogata alla famiglia affidataria a copertura dei costi di sostentamento dei minori. È inoltre previsto, soprattutto nella prima fase dell’accoglienza, un supporto ai minori e alle famiglie affidatarie da parte di un educatore e di un mediatore culturale, nonché una consulenza psicologica e legale ove necessario.

Sostegno ad attività di assistenza sanitaria e giuridica a migranti giunti da poco o in fase di passaggio

D(i)ritti al confine – Danish Refugee Council (ente capofila), Rainbow for Africa, Commissione Sinodale per la Diaconia, Caritas Intemelia

Il progetto interviene in tre aree dove si concentrano i migranti in transito: Trieste (in entrata dai Balcani), Ventimiglia e Oulx (in uscita verso la Francia) e mira a rafforzare e strutturare la risposta umanitaria lungo i confini settentrionali, tramite azioni dedicate nell’ambito dei bisogni primari, dell’assistenza sanitaria e dell’orientamento socio-legale, al fine di fornire un aiuto diretto alle persone migranti e rifugiate che, in fuga dal loro paese d’origine, alle frontiere si trovano nuovamente in situazioni di crisi ed emarginazione. La rete valorizza le expertise sul campo, per costruire una risposta integrata per le persone in transito in sinergia con i servizi territoriali, per aumentare la capacità di far fronte ai bisogni primari, facilitare l’accesso alle informazioni e alle procedure di tutela legale per persone migranti e rifugiate, incluse le persone con vulnerabilità, minori non accompagnati, famiglie, vittime di tratta, donne sole.

Supporto alle attività di soccorso in mare

SOS dal Mediterraneo – #TogetHerForRescue – SOS Mediterranée Italia

Il progetto è volto a co-finanziare le operazioni di soccorso in mare di SOS Mediterranée, che saranno realizzate nel 2021 attraverso la nave Ocean Viking, allo scopo di ridurre il numero di morti e dispersi nel Mediterraneo centrale. Il progetto mira a coprire tutte le aree di intervento in cui opera l’organizzazione: dal salvataggio in mare, all’assistenza a bordo, fino al lavoro di testimonianza a terra finalizzato a veicolare una corretta informazione e a sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma del Mediterraneo. Nel dettaglio, le operazioni di soccorso si articolano in diverse attività: ricerca e avvistamento di imbarcazioni a rischio; salvataggio dei naufraghi e messa in sicurezza a bordo della nave; presa in carico e cura medica dei naufraghi; coordinamento con le autorità competenti e sbarco in un porto sicuro; raccolta di testimonianze.

Nel febbraio 2017, il governo italiano, col supporto di diversi leader europei (vertice di Malta) sigla con le autorità libiche il Memorandum d’intenti, cornice giuridica per azioni successive come la creazione di una “guardia costiera” libica, il suo addestramento e la fornitura di mezzi (es. motovedette). Fin da subito l’accordo è criticato da organizzazioni internazionali che denunciano i legami fra guardia costiera e milizie, e le condizioni di vita di migranti e profughi bloccati in Libia.

A seguito di questo accordo, il Centro di coordinamento per i soccorsi libico (JRCC) diventa formalmente responsabile del coordinamento dei servizi di ricerca e soccorso nella propria regione SAR: da quel momento, le autorità europee fanno affidamento sui libici per bloccare le partenze. Solo tra il 2019 e il 2023, quasi 90.000 persone3 sono intercettate e riportate in quello che viene definito dai sopravvissuti “l’inferno in terra”.

Il risultato è una drastica diminuzione degli arrivi in Italia tra il 2017 e il 2018 (da circa 120.000 a 23.000 persone), curva che però poi tornerà nuovamente a crescere. I rimpatri forzati sottopongono di nuovo queste persone a trattamenti inumani e degradanti, nonostante la situazione nei campi in cui sono detenute in Libia è stata valutata da una Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite come probabili “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”. Queste intercettazioni contravvengono anche ai principi del diritto marittimo. che impongono di sbarcare i sopravvissuti di un salvataggio in un luogo sicuro, in cui tutti i bisogni fondamentali vengono soddisfatti e i diritti umani rispettati. La Libia non può essere considerata un “luogo sicuro”.

Inoltre, le autorità libiche si rivelano disfunzionali e non in grado di effettuare salvataggi efficaci e sicuri. Come risultato, ancora una volta, sempre più persone annegano.

Nello stesso 2017, alle ONG viene richiesto di sottoscrivere il cosiddetto “Codice di condotta Minniti” – dal nome dell’allora ministro dell’Interno italiano – che però non tiene in considerazione che le operazioni SAR si svolgono già secondo chiare normative internazionali: una mossa politica che avalla la narrazione criminalizzante sul soccorso in mare. Dal 2017 vengono avviate diverse indagini contro le navi ONG, per lo più conclusesi con assoluzioni o archiviazioni. Bloccare le ONG di ricerca e soccorso significa svuotare il Mediterraneo di soccorsi ed esporre così sempre più persone al rischio di annegare, e anche togliere alla società civile la possibilità di testimoniare e denunciare questa tragedia umanitaria.

Nel 2013, due tragici naufragi avvenuti a poche miglia dalle coste europee scuotono l’opinione pubblica: il primo, il 3 ottobre – data proclamata in seguito Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione – con 368 vittime accertate, 20 dispersi e 155 superstiti; e il secondo, pochi giorni dopo, l’11 ottobre, che causa 268 vittime, in prevalenza famiglie con bambini.

Questa missione fa sperare in un cambiamento nell’approccio vieni all’immigrazione e al soccorso in mare, ma così non succede perché Mare Nostrum viene chiusa nel novembre 2014 per la mancanza di supporto da parte di altri Stati europei e per le critiche, da diverse parti politiche, che la additano come pull factor. La missione italiana è sostituita da operazioni europee (Triton, EUNAVFORMED, Sophia e Irini) non sufficienti però a coprire le necessità di soccorso nel Mediterraneo e con obiettivi più securitari (controllo dei confini) che umanitari.

È in questo momento storico che numerosi comitati, associazioni e gruppi di cittadini in tutta Europa, mossi dallo sdegno e dall’incapacità di accettare così tante morti in mare, decidono di attivarsi con navi private, sia nel mar Egeo (sulla cosiddetta rotta orientale tra Turchia e Grecia) sia, soprattutto, nel Mediterraneo centrale. SOS MEDITERRANEE nasce proprio con questo spirito: dapprima vengono fondate le associazioni francese e tedesca (2015), poi quella italiana (2016) e infine quella svizzera (2017), le quattro “sorelle” che costituiscono il network SOS MEDITERRANEE.

Inizialmente, le ONG vengono accolte positivamente dall’opinione pubblica e dalle autorità marittime europee, italiane in particolare, e coordinamento e collaborazione sono all’ordine del giorno.

Nel giugno 2018, a seguito della chiusura dei porti italiani alle navi di soccorso, l'odissea della Aquarius, costretta a sbarcare a Valencia (Spagna) i 630 sopravvissuti a bordo, inaugura una lunga serie di blocchi in mare. Le navi, di qualsiasi tipo, rimangono bloccate per giorni, se non settimane, prima che alcuni Stati europei propongano una soluzione di sbarco ad hoc, con una distribuzione dei sopravvissuti in base a quote. Il diritto marittimo prevede invece che le navi debbano essere sollevate dalla responsabilità del soccorso il più rapidamente possibile e che i sopravvissuti siano trattati umanamente. In mare, le navi immobilizzate non possono soccorrere altre persone in pericolo. La capacità di soccorso si riduce ulteriormente e la mortalità aumenta, raggiungendo il tasso record del 5,6% (contro il 2,4% nel 2017) lungo l'asse Libia - Italia, nonostante il numero di attraversamenti fosse stato ridotto del 50%.

Le motivazioni fornite dall’allora governo sono essenzialmente due: diminuire le morti in mare e ricercare maggiore “solidarietà” da parte degli altri Paesi UE.

Entrambi gli scopi falliscono e soprattutto la mortalità sulla rotta aumenta, invece che diminuire4. Inoltre, tale pratica presenta non poche criticità, in primis perché ritarda inutilmente lo sbarco e dunque l’assistenza a terra ai sopravvissuti, andando in contrasto con quanto previsto dalle convenzioni marittime internazionali, che affermano che una nave deve essere sollevata quanto prima dalla sua responsabilità di salvataggio e che i sopravvissuti debbono essere trattati “con umanità”. Invece, il tempo medio di attesa di un porto per lo sbarco, in questo periodo, è di nove giorni.

SOS MEDITERRANEE è la prima organizzazione a vedere le conseguenze di questa linea politica: nel giugno 2018, alla Aquarius è impedito lo sbarco in un porto italiano e naviga per più di una settimana fino a Valencia, in Spagna, con 629 persone a bordo. Pochi mesi dopo, la Aquarius è privata della bandiera a causa di pressioni politiche, e di conseguenza impossibilitata a navigare. Dal 2019, SOS MEDITERRANEE opera nel Mediterraneo con la Ocean Viking.

Questa iniziativa franco-tedesca è oggetto di una promettente dichiarazione d'intenti firmata a settembre tra Italia, Malta, Francia e Germania. Tuttavia, il progetto pilota, che prevede un meccanismo sostenibile coinvolgendo altri Stati membri, non vede mai realmente la luce.

A settembre 2019, per la prima volta dal rifiuto di far sbarcare i 630 sopravvissuti della Aquarius nel giugno 2018, i porti italiani permettono a una nave di un'organizzazione non governativa di attraccare: si tratta proprio della nostra nuova nave, la Ocean Viking. Nasce dunque la speranza di un miglioramento della situazione di blocco delle navi umanitarie ma ciononostante, i casi di attesa e blocco in mare si moltiplicano con la negoziazione caso per caso della distribuzione dei sopravvissuti prima ancora dello sbarco.

Nel 2019, il numero di arrivi in Europa tramite le tre rotte migratorie mediterranee è il più basso dal 2015: 123.700 arrivi, rispetto a 141.500 nel 2018, secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), di cui circa 11.500 in Italia.

Nonostante questa significativa diminuzione degli arrivi negli ultimi tre anni, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) registra un pesante bilancio umano nel 2019. La maggior parte delle morti in mare nel Mediterraneo si verifica nella regione centrale, con 1.262 delle 1.885 morti registrate lungo le tre rotte migratorie mediterranee, senza contare le imbarcazioni scomparse senza lasciare traccia. La mortalità nel Mediterraneo centrale raddoppia rispetto al 2018, raggiungendo un tasso record del 4,78%, secondo l'OIM.

Nel 2020, i segni promettenti di un miglioramento della situazione di blocco delle navi umanitarie alla fine del 2019 e all'inizio del 2020 sono bruscamente cancellati quando la pandemia di Covid-19 raggiunge il continente europeo nel marzo 2020.

Non solo causa gravi interruzioni nell'accesso ai servizi medici e logistici nella maggior parte degli Stati europei, ma sconvolge completamente il mondo marittimo: chiusura delle frontiere europee, impossibilità di cambiare gli equipaggi, porti chiusi - in particolare alle navi da crociera - navi messe in quarantena. Molto rapidamente, diversi Stati membri dell'Unione europea come Malta e l'Italia annunciano ufficialmente che non sono più in grado di fornire un luogo sicuro o assistere nello sbarco delle persone soccorse in mare. Il governo di Tripoli dichiara ad aprile che i suoi porti non sono sicuri per lo sbarco a causa dei bombardamenti in corso. Per diverse settimane, le ONG di ricerca e soccorso operanti nel Mediterraneo centrale sono costrette a sospendere le loro attività.
Con la ripresa delle partenze e delle operazioni civili di soccorso, si osserva un cambio di passo - seppur solo apparente - nei confronti delle organizzazioni umanitarie.

Cambiato il Governo e dunque il ministro dell’Interno, a livello mediatico si “abbassano i toni” rispetto alla criminalizzazione pubblica delle organizzazioni umanitarie, a cui non viene più impedito lo sbarco in Italia; di contro però, non solo la durata degli stand off non diminuisce, ma si osserva un aumento del numero di controlli e fermi amministrativi delle navi civili di soccorso. In 15 mesi, tra il gennaio 2020 e il maggio 2021, le autorità italiane emettono ben 11 disposizioni di fermo amministrativo a seguito di controlli dello Stato di approdo (PSC), causando la mancanza di assetti civili di soccorso in mare per un totale di 494 giorni. Anche la Ocean Viking in quel periodo è colpita da un provvedimento amministrativo che la tiene lontana dall’area delle operazioni da luglio a dicembre 2020: il fermo più lungo subìto da SOS MEDITERRANEE. Una politica persecutoria finalizzata ad ostacolare l’operatività delle ONG, con la sola conseguenza di diminuirne fortemente la presenza in zone di emergenza, mentre fatali naufragi continuano drammaticamente a succedersi.

Al contrario, le imbarcazioni della guardia costiera libica ostacolano attivamente le operazioni di soccorso e la mancanza di coordinamento ha causato prolungate attese in mare per i soccorsi, oltre a mettere in pericolo vite umane. Dall’autunno 2022, con l’ennesimo cambio di Governo, le autorità italiane assegnano immediatamente il porto di sbarco, in osservanza delle norme sul soccorso in mare.

Ma se fino a quel momento destinazione delle navi civili sono stati i porti siciliani o calabresi, le autorità iniziano ad assegnare porti lontani migliaia di chilometri: Livorno, Ravenna, Ancona, La Spezia, Civitavecchia, Ortona, Genova. Questa politica ha di nuovo l’effetto di tenere le navi civili di soccorso lontane dal Mediterraneo centrale, dove le persone in fuga sono dunque più esposte al rischio di morte o di essere intercettate e forzatamente riportate in Libia.

Raggiungere un porto lontano significa prolungare il viaggio dei naufraghi, ovvero aumentare le sofferenze di persone vulnerabili e bisognose di assistenza a terra; per le ONG significa anche un incremento spropositato dei costi per il carburante.

Inoltre, va ricordato che il diritto internazionale del mare impone l’assegnazione di un porto il più possibile vicino, proprio per evitare inutili sofferenze alle persone soccorse. Nell’autunno 2022, il neoeletto governo interviene per impedire lo sbarco dei naufraghi a bordo di tre navi umanitarie (Humanity 1, Geo Barents e Ocean Viking), servendosi di provvedimenti interministeriali ad hoc: la Ocean Viking è tenuta “sospesa” in acque internazionali con centinaia di naufraghi a bordo per ben 21 giorni: il più lungo stand off della storia di SOS MEDITERRANEE. La nostra nave può infine sbarcare i sopravvissuti solo il 25 novembre a Tolone, in Francia.

Il nuovo decreto, non necessario dato che il soccorso in mare è già dettagliatamente regolato da norme internazionali, pone nuove limitazioni alle imbarcazioni civili di soccorso e sanzioni pecuniarie: tra queste, il dovere di recarsi “senza ritardo” nel porto di sbarco assegnato, scoraggiando così i “soccorsi multipli” e mettendo i Capitani nelle condizioni di violare il decreto o le disposizioni del diritto marittimo internazionale che impongono il soccorso. Tale imposizione, combinata con la prassi dei “porti lontani”, rappresenta un grave e ingiustificabile ostacolo al lavoro umanitario in mare, un deterrente per lo svolgimento di operazioni di soccorso complete e necessarie.

A luglio, la Ocean Viking ancora una volta subisce le ripercussioni di una politica di ostacolamento e viene nuovamente posta sotto fermo amministrativo a seguito di un Port State Control (PSC) - Controllo dello Stato di Approdo. Durante quest’anno, due tragici naufragi nel Mediterraneo tornano a scuotere l’opinione pubblica europea: nella notte tra il 25 e il 26 febbraio, più di 100 persone muoiono a pochissime miglia dalle coste calabresi di Cutro (KR); poi a metà giugno, al largo della località greca di Pylos, perdono la vita oltre 500 persone, in quello che è stato il più grande naufragio nel Mediterraneo dal 2015. Nonostante l’ondata di sdegno generata, nessuno di questi due drammatici eventi ha portato a cambiamenti effettivi nell’approccio e nelle politiche sul soccorso in mare.

Nel luglio del 2023, l’Unione europea, attraverso una delegazione guidata dalla Commissaria Ursula Von Der Leyen, dalla Presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni e dal Primo Ministro olandese Mark Rutte, firma un Memorandum d’Intesa con la Tunisia, rappresentata dal Presidente Saied. Tale accordo è finalizzato a limitare le partenze verso l'Italia ed è un ulteriore tassello della politica europea di esternalizzazione della gestione delle frontiere. Subito dopo la firma di questo accordo, paradossalmente, le partenze dalla Tunisia subiscono una impennata senza precedenti. Questo incremento delle partenze è in realtà dovuto, anche, ad un serio deterioramento della sicurezza per le persone in movimento presenti sul territorio tunisino.

Nel febbraio 2023, il Presidente tunisino, Kais Saied, rilascia una dichiarazione dai toni discriminatori che finisce per scatenare sentimenti razzisti esistenti in una certa parte della popolazione tunisina ed innescare così una spirale di attacchi violenti ed espulsioni collettive, spesso in pieno deserto.

Il 27 luglio, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) dichiarano di essere "profondamente preoccupati per la sicurezza e il benessere di centinaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Tunisia, che rimangono bloccati in condizioni disastrose dopo essere stati portati in aree remote e desolate vicino ai confini del Paese con la Libia e l'Algeria. Altri sono stati spinti oltre i confini verso la Libia o l'Algeria. [...] Tragicamente, ci sono già notizie di perdite di vite umane tra il gruppo".

In un recente rapporto del luglio 2023, Human Rights Watch afferma che la Tunisia non è un luogo sicuro per la popolazione nera africana, che negli ultimi mesi è stata vittima di "pestaggi", "detenzioni arbitrarie" e "furti di denaro ed effetti personali" da parte delle autorità tunisine. Nelle stazioni di polizia, alcune vittime sono sottoposte a "scosse elettriche" e ad "arresti arbitrari basati sul colore della pelle". A questo riguardo, nell’agosto 2023 la Ocean Viking porta a termine diversi salvataggi di imbarcazioni partite dalla Tunisia: le testimonianze che abbiamo raccolto confermano le violazioni che lo stato tunisino perpetra nei confronti dei migranti, specialmente subsahariani.

Nel novembre 2023 la Ocean Viking è stata fermata per presunta violazione del "decreto Piantedosi". Dopo lo sbarco ad Ortona, avvenuto nella notte tra il 15 ed il 16 Novembre, le autorità italiane hanno ordinato 20 giorni di detenzione della Ocean Viking e inflitto a SOS MEDITERRANEE una multa di 3.300 euro per aver soccorso persone in pericolo nella zona SAR libica senza aspettare indicazioni dalle autorità locali. Il Capitano e la Coordinatrice delle Operazioni di Ricerca e Soccorso a bordo sono stati interrogati a lungo dalle autorità italiane in merito al secondo dei 3 salvataggi, che avrebbe comportato il ritardo all’arrivo al porto di Ortona. Il diritto internazionale non lascia spazio a dubbi: lasciare quei 34 naufraghi al loro destino in mezzo al mare sarebbe stato illegale, oltre che moralmente sbagliato.

Nel dicembre, la notte di capodanno, la storia si ripete: la Ocean Viking è nuovamente bloccata per presunta violazione del decreto. L'infrazione? Una minima deviazione della sua rotta, avvenuta al solo scopo di rendersi disponibile a prestare assistenza ad altre 70 persone in pericolo. Una variazione che comunque di fatto non ha causato alcun ritardo su un viaggio di quasi 3 giorni verso il porto disegnato per lo sbarco.